Monumento in bronzo dedicato a carlo pisacane.

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Il monumento in bronzo, dell'artista chiaromonte, eretto in onore di carlo pisacane nell'anno 1933, è situato nei giardini d...

Data:

08 luglio 2018

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Descrizione

Pisacane appartiene a Sapri, come qualsiasi altro cittadino che vi sia nato o che vi abiti da sempre. Dal giorno che si è "inchinato per baciar la terra" esso si è legato indissolubilmente a Sapri da dove, virtualmente, non è mai ripartito per il compimento della propria personale esperienza umana. Quindi, per i sapresi, Pisacane non è mai giunto all'epilogo di Sanza ma il Pisacane che i sapresi conoscono è da sempre nella villa Comunale ad indicare la via della libertà dalle tirannie che ognuno subisce nella quotidiana vita di relazione.

[su_spoiler title="Leggi la poesia di Luigi Mercantini 'La Spigolatrice di Sapri'"]Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
“Siam venuti a morir pel nostro lido”.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”
Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella”.
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
ma quando fûr della Certosa ai muri,
s’udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti![/su_spoiler]

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